Per commettere la rapina successiva ai primi due furti con strappo, gli imputati avevano fatto ricorso all’uso dello spray al peperoncino che era stato spruzzato verso il suolo al fine di provocarne la massima diffusione nell’area circostante e di alterare lo stato di quiete – ingeneratosi per l’esito negativo della partita di calcio – che rendeva rischioso il compimento delle manovre predatorie.
Infatti a causa delle manifestazioni di panico generatosi, emerge che le scomposte reazioni della folla, successive ai movimenti provocati dalla diffusione dello spray, sono state, in assenza di altra originaria causa autonoma (e privo di autonomia deterministica è stato ritenuto anche il crollo della ringhiera di protezione delle scale d’accesso del parcheggio, in quanto inserito nella situazione di panico ormai determinatasi), conseguenza immediata e diretta dell’unica causa iniziale che ha scatenato la paura collettiva.
Sul piano soggettivo, erano prevedibili le conseguenze della specifica azione posta in essere dagli imputati – ossia l’erogazione massiccia di spray, al fine di alterare la tranquillità del momento, in una piazza gremita all’inverosimile di persone pigiate davanti ad un maxischermo, contornata da edifici e non da altri spazi aperti, bloccata nei varchi d’accesso e di eventuale uscita.
Il giudizio di prevedibilità riposa, sempre secondo la Corte territoriale, sia sulle precedenti esperienze degli imputati (in occasione del Reload era stato necessario un intervento di aerazione, mentre per il teatro di Venaria era stata necessaria l’evacuazione del locale) sia sul fatto che questi ultimi, padroni della situazione, si erano allontanati dai luoghi indisturbati, addirittura filmandosi e “sghignazzando per l’effetto ottenuto”.
Pertanto anche in Cassazione ha tenuto il ragionamento che attribuiva la responsabilità agli imputati perché deve ritenersi realizzato il nesso causale quando la morte sia conseguenza di una specifica situazione di pericolo cagionata dalla condotta intenzionale del reo, volta a percuotere o ledere il soggetto passivo.
La medesima Sez. 5 n. 51233 del 09/10/2019, traendo da tale premessa le necessarie conseguenze quanto ai risvolti psicologici, aggiunge “come sia ormai superata, nella giurisprudenza di legittimità, la teoria per la quale in passato si riteneva che l’omicidio preterintenzionale fosse punibile a titolo di dolo misto a colpa. Si è, infatti, pervenuti, all’approdo interpretativo secondo cui l’elemento psicologico del reato in questione è costituito soltanto dalla volontà di infliggere percosse o provocare lesioni; in tal senso si è espressa, invero, del tutto condivisibilmente, questa Corte nell’affermare la tesi secondo cui, in tema di omicidio preterintenzionale, l’elemento soggettivo è costituito, non già da dolo e responsabilità oggettiva nè da dolo misto a colpa, ma unicamente dal dolo di percosse o lesioni, in quanto la disposizione di cui all’art. 43 c.p. assorbe la prevedibilità di evento più grave nell’intenzione di risultato (Sez. 5, n. 13673 del 08/03/2006, Haile, Rv. 234552)”
Nello stesso senso si è espressa Sez. 5, n. 791 del 18/10/2012 – dep. 08/01/2013, Palazzolo, Rv. 254386 – 01, che ha approfondito il tema sul piano della compatibilità di siffatta conclusione con l’art. 27 Cost., in un consapevole confronto con le ampie riflessioni sviluppate, quanto alla responsabilità ex art. 586 c.p., da Sez. U, n. 22676 del 22/01/2009, Ronci Rv. 243381 – 01).
In altri termini, l’evento morte deve costituire il prodotto della specifica situazione di pericolo generata dal reo con la condotta intenzionale volta a ledere o percuotere una persona, con la conseguenza che se la morte della vittima è del tutto estranea all’area di rischio attivato con la condotta iniziale, intenzionalmente diretta a percuotere o provocare lesioni, ed è, invece, conseguenza di un comportamento successivo, l’evento mortale non può essere imputato a titolo preterintenzionale, ma deve essere punito a titolo di colpa, in quanto effetto di una serie causale diversa da quella avente origine dall’evento di percosse o lesioni dolose (Sez. 5, n. 5155 del 18/01/2019, Battimelli).
Ciò implica che la prevedibilità ex lege dell’evento morte rispetto alle lesioni deve essere verificata anche alla luce della collocazione del primo nell’area di rischio innescata dalla condotta lesiva: collocazione normalmente ravvisabile ma astrattamente suscettibile di essere messa in discussione in casi limite, che, peraltro, nel caso di specie, non ricorrono affatto.
Detto altrimenti, l’offesa recata a costoro, alla stregua della ricostruzione dei fatti logicamente operata dai giudici di merito, non discende da un errore nell’uso nei mezzi di esecuzione (errore del quale non è traccia nella condotta degli imputati) o da altra causa (individuata in sede cautelare nella reazione di panico, che, tuttavia, non è giuridicamente una causa, ma va inclusa nel novero degli effetti dell’azione dolosa degli imputati), ma dalla adesione volontaria all’evento da parte degli imputati come costo “accettato” dell’azione realizzata per conseguire il fine perseguito. D’altra parte, nel quadro di una ricostruzione che pone a carico degli imputati eventi lesivi accettati come conseguenza della concreta azione posta in essere, l’evento morte si colloca con assoluta sicurezza nell’area di rischio provocata.
Corte di cassazione Sez. 5 Sentenza n. 15269 del 21/01/2022 Ud. (dep. 20/04/2022 ) Rv. 283016 – 01 Presidente: MICCOLI GRAZIA ROSA ANNA. Relatore: DE MARZO GIUSEPPE
In tema di omicidio preterintenzionale, l’evento morte deve costituire il prodotto della specifica situazione di pericolo generata dal “reo” con la condotta intenzionale volta a ledere una persona, sicché esso non può essere imputato a titolo preterintenzionale, ma deve essere punito a titolo di colpa, in quanto effetto di una serie causale diversa da quella avente origine dall’evento di lesioni dolose, ove sia del tutto estraneo all’area di rischio attivato con la condotta iniziale – intenzionalmente diretta a provocare lesioni – e sia, invece, conseguenza di un comportamento successivo.