IL DETENUTO PUO’ FARE COLLOQUIO SOLO CON UN FAMILIARE CONVIVENTE

La Prima Sezione penale ha affermato, in tema di ordinamento penitenziario, che, ai fini della individuazione dei soggetti legittimati all’ammissione ai colloqui in via ordinaria con il detenuto, correlata alla qualità di congiunto ex art. 307, comma quarto, cod. pen., per “convivente”, i cui diritti ex art. 1, comma 38, della legge 20 maggio 2016, n. 76 sono equiparati a quelli del coniuge, deve intendersi la sola persona con la quale il recluso ha intrattenuto, prima della detenzione, un rapporto diretto di comunanza di vita e non anche i soggetti conviventi con altri membri del suo nucleo familiare.

Sentenza della Prima Sezione n. 4641 ud. 14/09/2021 – deposito del 10/02/2022

Le disposizioni dell’ordinamento penitenziario, pur diversamente allocate, compiono essenzialmente riferimento a congiunti e conviventi del soggetto ristretto (all’art. 37 del d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230) quali categorie di persone ammesse in via ordinaria alla fruizione dei colloqui (i soggetti terzi solo in presenza di ragionevoli motivi). Nel testo dell’art. 18 ord. pen. si utilizza il termine «congiunti» e  si esprime particolare favore per la realizzazione dei colloqui con i «familiari». La particolare previsione di legge dell’art. 41-bis ord.pen., al comma 2-quater, lett. b), indica quali legittimati i soli «familiari» e i «conviventi», salvo casi eccezionali, con volontà di restringere ulteriormente la platea dei potenziali fruitori del colloquio.

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