Aveva accoltellato il fratello maggiore, ma in Appello non è risultato sufficientemente provato che i due fendenti inferti alla schiena di A S potessero causare la morte. Una svolta giudiziaria che ha portato, in secondo grado, ad un consistente sconto di pena – venti mesi di reclusione per M S , accusato di tentato omicidio. La sentenza della Corte d’appello di Bologna ha infatti ridotto da sei anni e otto mesi a cinque anni di reclusione la condanna per il 44enne, già in precedenza riconosciuto seminfermo di mente. Nell’aula bolognese è emersa tutta la precarietà di una vita al limite, perchè M S – assistito dall’avvocata Carmen Pisanello – è sempre stato affetto da disturbi della personalità. Travagli coincisi con un’invalidità civile per motivi psichiatrici al 75% e con un’invalidità per cause fisiche al 22%. Problemi psichici noti al Simap, che lo segue. Anche nell’udienza preliminare – davanti al gup di Reggio – era emerso che l’imputato si stava curando con dei medicinali e secondo il fratello A quei farmaci lo rendevano aggressivo e lui non voleva che assumesse quelle pastiglie. «Stavo dormendo quando ho sentito degli improvvisi dolori alla schiena – aveva raccontato A S durante il processo di primo grado – e ho reagito. M dopo avermi colpito si era bloccato alla vista del sangue». Una circostanza, quest’ultima, considerata come attenuante. Ma a pesare sulla sentenza in Appello è stata la mancanza di una perizia medico-legale sulle lesioni che erano state considerate a rischio di morte valutando che, nell’immediatezza, A S era stato operato d’urgenza per le due coltellate subile alla schiena. Una carenza probatoria su cui ha insistito l’avvocata difensore Pisanello. Nell’aula bolognese è stato trovato un punto d’intesa sulla pena – tecnicamente un accordo preventivo – fra il legale e la Procura Generale di Bologna.
