CONDANNATO ANCHE SE NELLA SUA CULTURA D’ORIGINE LA VIOLENZA SESSUALE ED I MALTRATTAMENTI CONTRO UNA DONNA NON SONO REATO

Il caso riguarda una donna che dopo una serie infinita di maltrattamenti e violenze denunciava il marito, che si sentiva in diritto di trattarla in quel modo essendo egli erede della cultura del patriarcato, padrone indiscriminato del corpo della donna a lui sottomessa.

La sentenza della cassazione, Sez. III, 24/02/2023, n. 13786 Dott. DI NICOLA Vito – Presidente – Dott. CORBETTA Stefano – Consigliere – Dott. GALANTI Alberto – Consigliere – Dott. MACRI’ Ubalda – rel. Consigliere – Dott. MAGRO Maria Beatrice – Consigliere – ha stabilito: In tema di reati sessuali, non assumono alcun rilievo scriminante eventuali giustificazioni fondate sulla circostanza che l’agente, per la cultura mutuata dal proprio paese d’origine, sia portatore di una diversa concezione della relazione coniugale e dell’approccio al rapporto sessuale, in quanto la difesa delle proprie tradizioni deve considerarsi recessiva rispetto alla tutela di beni giuridici che costituiscono espressione di diritti fondamentali dell’individuo.

Con sentenza in data 17 febbraio 2022 la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza in data 23 giugno 2021 del Tribunale di Nola che aveva condannato l’imputato alle pene di legge per i reati di maltrattamenti e violenza sessuale aggravata ai danni della moglie.

Ricorre per cassazione la difesa dell’imputato deducendo la violazione di legge e il vizio di motivazione, in merito all’elemento psicologico, poichè la pretesa di rapporti sessuali era giustificata dal rapporto di coniugio e dal desiderio di un figlio maschio. Sostiene l’assenza del dolo o comunque l’errore sulla legge penale italiana e in ogni caso l’incapacità di percepire il disvalore della sua condotta. Esisterebbe la scriminante socioculturale che avrebbe escluso il dolo o comunque indotto l’imputato a un errore scusabile sull’ignoranza della legge penale italiana, senza contestare la condotta dei maltrattamenti fisici (lesioni personali) e morali (ingiurie e minacce) nè quella delle plurime violenze sessuali perpetrate dall’imputato nei confronti della moglie.

Correttamente la Corte territoriale ha ravvisato il dolo dell’uomo nella sopraffazione e vessazione imposta alla donna sia durante i maltrattamenti che durante le violenze sessuali.

Quanto all’invocata scriminante, è pacifico nella giurisprudenza di legittimità che il motivo culturale sottostante a una condotta illecita sia del tutto irrilevante (tra le più recenti, Sez. 1, n. 7140 del 14/12/2021, dep. 2022, A., Rv. 282623-01, in materia di impiego di minori nell’accattonaggio; Sez. 5, n. 30538 del 13/05/2021, P., Rv. 281701-01-02, in tema di induzione e costrizione al matrimonio; Sez. 5, n. 23052 del 05/05/2016, M., Rv. 267014-01, in materia di riduzione in schiavitù; Sez. 1, n. 11591 del 28/10/2015, dep. 2016, Passalacqua, 266559-01, in materia di aggravante dei futili motivi nell’omicidio maturato nell’ambito di una comunità rom per punire un soggetto che aveva intrattenuto una relazione extraconiugale con una familiare).

Più in particolare, non assumono alcun rilievo scriminante eventuali giustificazioni fondate sulla circostanza che l’agente, per la cultura mutuata dal proprio paese d’origine, sia portatore di una diversa concezione della relazione coniugale e dell’approccio al rapporto sessuale, in quanto la difesa delle proprie tradizioni deve considerarsi recessiva rispetto alla tutela di beni giuridici che costituiscono espressione di diritti fondamentali dell’individuo (Sez. 3, n. 7590 del 20/11/2019, dep. 2020, N., Rv. 278600) e che in tema di cause di giustificazione, lo straniero imputato di un delitto contro la persona o contro la famiglia non può invocare, neppure in forma putativa, la scriminante dell’esercizio di un diritto correlata a facoltà asseritamente riconosciute dall’ordinamento dello Stato di provenienza, qualora tale diritto debba ritenersi oggettivamente incompatibile con le regole dell’ordinamento italiano, in cui l’agente ha scelto di vivere, attesa l’esigenza di valorizzare la centralità della persona umana, quale principio in grado di armonizzare le culture individuali rispondenti a culture diverse, e di consentire quindi l’instaurazione di una società civile multietnica (Sez. 3, n. 8986 del 12/12/2019, dep. 2020, H., Rv. 278414-01, fattispecie di maltrattamenti in famiglia e lesioni personali).

Va pertanto ribadito nel caso in esame che nessuna motivazione culturale può giustificare, neanche in termini di errore sulla legge penale italiana, violazioni dell’integrità fisica e morale dell’individuo.

 

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