IL REDDITO DI CITTADINANZA VA DIMINUITO SE UN FAMILIARE VA IN CARCERE

La Terza sezione penale ha affermato che integra il delitto di cui all’art. 7, d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, l’omessa comunicazione del sopravvenuto stato di detenzione di un familiare (nella specie, un figlio), quale causa di riduzione del beneficio del c.d. reddito di cittadinanza perché incidente sulla composizione del nucleo familiare, parametro della scala di equivalenza per il calcolo della prestazione economica.

Sentenza della Corte di Cassazione sezione terza n. 1351 ud. 25/11/2021 – deposito del 14/01/2022

Il ricorrente, che a seguito di domanda percepiva il reddito di cittadinanza, ometteva di comunicare il sopraggiunto stato di detenzione del figlio, per effetto dell’esecuzione di un’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere, e percepiva così, indebitamente ed in parte, il beneficio economico dal gennaio del 2020.  L’art. 3, comma 13, prevede che «Nel caso in cui il nucleo familiare beneficiario abbia tra i suoi componenti soggetti che si trovano in stato detentivo, ovvero sono ricoverati in istituti di cura di lunga degenza o altre strutture residenziali a totale carico dello Stato o di altra amministrazione pubblica, il parametro della scala di equivalenza di cui al comma 1, lettera a), non tiene conto di tali soggetti. La medesima riduzione del parametro della scala di equivalenza si applica nei casi in cui faccia parte del nucleo familiare un componente sottoposto a misura cautelare o condannato per taluno dei delitti indicati all’articolo 7, comma 3. Poiché beneficiario ex lege del reddito di cittadinanza non è il richiedente ma il nucleo familiare, ed il valore economico si calcola proprio in relazione alla sua composizione, lo stato di detenzione sopravvenuto del familiare determina la riduzione dell’importo del beneficio economico. I requisiti devono sussistere sia al momento della presentazione della domanda che per tutta la durata dell’erogazione del beneficio.

 

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