IN MATERIA DI DLGS 231/2001 PER LA RESPONSABILITÀ PENALE DEGLI ENTI INTERESSE E VANTAGGIO DEVONO ESSERE COMPRESENTI?

L’interpretazione della Corte sulla prevalenza delle esigenze della produzione e del profitto su quelle dalla tutela dei lavoratori, quale conseguenza delle cautele omesse e del conseguente attribuzione della responsabilità da reato all’ente.

Il Decreto Legislativo 231/2001 ha introdotto in Italia il Sistema di Responsabilità Amministrativa dell’Ente in base alla quale qualora un soggetto qualificato, ossia l’imprenditore o colui che è dal medesimo delegato, commetta uno dei reati presupposto, a vantaggio della società stessa, questa potrà essere condannata. Tale responsabilità si aggiunge a quella della persona fisica che ha realizzato materialmente il fatto.

Per ente si intende un’organizzazione collettiva dotata di una certa autonomia organizzativa.

Mentre non vi sono problemi di alcun tipo con riferimento ai reati presupposto dolosi   come i reati societari, concussione, corruzione, frode informatica, trattamento illecito di dati, impiego di lavoratori stranieri irregolari, ve ne sono quando il delitto presupposto è colposo e quindi l’evento del reato non è voluto come nell’omicidio colposo e lesioni gravi o gravissime commessi in violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro.

Sembrerebbe addirittura che per i reati colposi non sia nemmeno contestabile la responsabilità dell’ente perché vi sarebbe incompatibilità strutturale tra l’interesse ed il vantaggio dell’ente perseguito e l’evento non voluto di un reato colposo. La giurisprudenza che chiarito che il vantaggio e l’interesse dell’ente sono stati posti in correlazione non con l’evento (non voluto) ma con la condotta, appunto colposa.

La domanda è: interesse e vantaggio devono essere compresenti o solo uno di essi è rilevante per la configurazione del reato?

In linea generale, deve ribadirsi, con riferimento a quella degli enti, che si tratta di un modello di responsabilità che, coniugando i tratti dell’ordinamento penale e di quello amministrativo, ha finito con il configurare un tertium genus di responsabilità, compatibile con i principi costituzionali di responsabilità per fatto proprio e di colpevolezza.

L’ente non risponde per un fatto altrui bensì per un fatto proprio e colpevole, la cui responsabilità è stata definita come una vera e propria responsabilità da colpa di organizzazione (cfr. Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn; Sez. 6, n. 27735 del 18/02/2010, Scarafia, che argomentando nei termini di cui innanzi ha ritenuto manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate, in relazione agli artt. 3 e 27 Cost., con riferimento all’art. 5 d.lgs. n. 231 del 2001). Essa è caratterizzata da malfunzionamento della struttura organizzativa dell’ente, la quale dovrebbe essere volta – mediante adeguati modelli – a prevenire la commissione di reati.

 Le Sezioni Unite hanno infatti al riguardo affermato che, in tema di responsabilità da reato degli enti, la colpa di organizzazione, da intendersi in senso normativo, è fondata sul rimprovero derivante dall’inottemperanza da parte dell’ente dell’obbligo di adottare le cautele, organizzative e gestionali, necessarie a prevenire la commissione dei reati previsti tra quelli idonei a fondare la responsabilità del soggetto collettivo, dovendo tali accorgimenti essere consacrati in un documento che individui i rischi e delinei le misure atte a contrastarli (Sez. U, n. 38343/2014, Espenhahn, cit., si vedano sul punto, ex plurimis, Sez. 6, n. 23401 del 11/11/2021, dep. 2022, Impreglio s.p.a.; Sez. 4, n. 12149 del 24/03/2021, Rodenghi, Rv. 280777; Sez. 4, n. 29584 del 22/09/2020, F.lli Cambria s.p.a., Rv. 279660; Sez. 4, n. 38363 del 23/05/2018, Consorzio Melinda s.c.a., Rv 274320).

 Quanto, poi, ai criteri d’imputazione oggettiva della responsabilità dell’ente, l’interesse o il vantaggio di cui all’art. 5 del d.lgs. n. 231 del 2001, la giurisprudenza di legittimità ha definitivamente concluso in termini di alternatività e di loro possibile concorrenza.

Il primo (l’interesse) esprime una valutazione teleologica del reato, apprezzabile ex ante, cioè al momento della commissione del fatto e secondo un metro di giudizio marcatamente soggettivo. Il secondo (il vantaggio) ha una connotazione essenzialmente oggettiva, come tale valutabile ex post, sulla base degli effetti concretamente derivati dalla realizzazione dell’illecito.

Peraltro, proprio nel caso di responsabilità degli enti ritenuta in relazione a reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica, per non svuotare di contenuto la previsione normativa che ha inserito i detti reati nel novero di quelli che fondano una responsabilità dell’ente (art. 25-septies del d.lgs. 231 del 2001), è stato chiarito, in via interpretativa, che i criteri di imputazione oggettiva di che trattasi vanno riferiti alla condotta del soggetto agente e non all’evento.

Quanto innanzi consegue alla diversa conformazione dell’illecito, essendo possibile che l’agente violi consapevolmente la cautela, o addirittura preveda l’evento che ne può derivare, pur senza volerlo, per corrispondere a istanze funzionali a strategie dell’ente. A maggior ragione vi è perfetta compatibilità tra inosservanza della prescrizione cautelare e esito vantaggioso per l’ente (cfr., in motivazione, Sez. U. n. 38343/2014, cit.). Si è così salvaguardato il principio di colpevolezza con la previsione della sanzione del soggetto meta-individuale che si è giovato della violazione (ex plurimis: Sez. 4, n. 12149 del 24/03/2021, Rodenghi, Rv. 280777; Sez. 4, n. 29584 del 22/09/2020, F.11i Cambria s.p.a., Rv. 279660; Sez. 4, n. 38363 del 23/05/2018, Consorzio Melinda s.c.a., Rv 274320).

La casistica ha offerto, poi, alla giurisprudenza di legittimità l’occasione per calibrare, di volta in volta, il significato dei due concetti alternativamente espressivi del criterio d’imputazione oggettiva di cui si discute.

Si è così fatto riferimento, a titolo meramente esemplificativo: al risparmio di risorse economiche conseguente alla mancata predisposizione dei procedimenti e dei presidi di sicurezza; all’incremento economico conseguente all’incremento della produttività non ostacolata dal rispetto della normativa prevenzionale (Sez. 4 n. 31210 del 2016, Merlino; n. 43656 del 2019, Compagnia Progetti e Costruzioni); al risparmio sui costi di consulenza, sugli interventi strumentali, sulle attività di formazione e informazione del personale (cfr., in motivazione, sez. 4 n. 18073 del 2015, Bartoloni), o, ancora, alla velocizzazione degli interventi di manutenzione e di risparmio sul materiale.

I criteri di cui innanzi, quindi, vanno intesi non solo come risparmio di spesa conseguente alla mancata predisposizione del presidio di sicurezza ma anche come incremento economico dovuto all’aumento della produttività non rallentata dal rispetto della norma cautelare (Sez. 4 n. 31003 del 23/6/2015, Cioffi e Sez. 4. n. 53285 del 10/10/2017, Pietrelli, in motivazione).

 In altri termini, vanno individuati precisi canali che colleghino teleologicamente la condotta dell’uno (persona fisica) all’interesse dell’altro (ex plurimis, anche: Sez. 4, n. 12149/2021, Rodenghi, cit., e Sez. 4, n. 29584/2020, F.11i Cambria s.p.a., cit.), ovvero, è il caso di chiarire in questa sede, tali da collegare, in termini oggettivi, alla condotta del reo il vantaggio anche per l’ente.

 Fermo restando quanto innanzi, interesse e vantaggio, criteri oggettivi di imputazione della responsabilità, devono essere apprezzati dal giudice di merito, con valutazione, ex ante, per il primo, e ex post, per il secondo, insindacabile in sede di legittimità se esente da vizi motivazionali, non dovendo quindi essere irrisori (Sez. 4, n. 38363 del 23/05/2018, Consorzio Melinda s.c.a., Rv 274320, in motivazione), cioè inconsistenti. Salva l’ipotesi dell’inconsistenza, che si traduce sostanzialmente nella non apprezzabilità, è stato però precisato che la responsabilità dell’ente non può essere esclusa in considerazione dell’esiguità del vantaggio o della scarsa consistenza dell’interesse perseguito, in quanto anche la mancata adozione di cautele finalizzate o comportanti limitati risparmi di spesa può essere causa di lesioni personali gravi (Sen. 4, n. 24696 del 20/04/2016, Mazzotti, R. 268066-01).

Sempre circa i criteri d’imputazione soggettiva della responsabilità la citata Sez. 4, n. 29584/2020, F.lli Cambria s.p.a., è giunta a chiarire che l’interesse può sussistere anche in relazione a una trasgressione isolata dovuta a un’iniziativa estemporanea, senza la necessità di provare la natura sistematica delle violazioni antinfortunistiche, allorché altre evidenze fattuali dimostrino il collegamento finalistico tra la violazione e l’interesse dell’ente.

L’art. 25-septies d.lgs. n. 231 del 2001 non richiede la natura sistematica delle violazioni della normativa antinfortunistica per la configurabilità della responsabilità dell’ente derivante dai reati colposi ivi contemplati. Tale connotato non è peraltro imposto dalla necessità di rinvenire un collegamento tra l’azione umana e la responsabilità dell’ente che renda questa compatibile con il principio di colpevolezza. Sarebbe quindi eccentrico rispetto allo spirito della legge ritenere irrilevanti tutte quelle condotte, pur sorrette dalla intenzionalità, ma, in quanto episodiche e occasionali, non espressive di una politica aziendale di sistematica violazione delle regole cautelari, considerato peraltro l’innegabile quoziente di genericità del concetto di sistematicità.

L’intero discorso, in realtà, come chiarito dalla citata Suprema Corte, attiene al piano prettamente probatorio, cui tale connotato appartiene, quale possibile indizio dell’esistenza dell’elemento finalistico della condotta dell’agente, idoneo al tempo stesso a scongiurare il rischio di far coincidere un modo di essere dell’impresa con l’atteggiamento soggettivo proprio della persona fisica.

Ne è derivato, quale logico corollario, che l’interesse può sussistere anche in relazione a una trasgressione isolata, allorché altre evidenze fattuali dimostrino tale collegamento finalistico, così neutralizzando il valore probatorio astrattamente riconoscibile al connotato della sistematicità (si vedano sul punto anche le decisioni successive tra le quali: Sez. 4, n. 12149/2021, Rodenghi, cit.; Sez. 4, n. 22256 del 03/03/2021, Canzonetti, Rv. 281276).

Il criterio dell’interesse esprime una valutazione teleologica del reato, apprezzabile “ex ante”, cioè al momento della commissione del fatto e secondo un metro di giudizio marcatamente soggettivo, mentre quello del vantaggio ha una connotazione essenzialmente oggettiva, come tale valutabile “ex post.

L’interesse si prefigura quando la persona fisica ha agito nella consapevolezza di violare le norme precauzionale per arrivare facilitare l’ente, conseguendo un vantaggio nella violazione sistematica delle  norme prevenzionistiche e dunque ha realizzato una politica di impresa disattente.

In passato si è ritenuto che l’elemento fondamentale per l’imputazione oggettiva di questo reato fosse l’interesse dell’ente e che il vantaggio fosse un elemento confermativo dell’imputazione.

Attraverso l’elaborazione giurisprudenziale si è arrivati a considerare il reato quando esiste il vantaggio non irrisorio per l’ente, ed un interesse la cui rilevanza è soltanto probatoria.

D.Lgs.231/2001 art 5 in vigore dal 4 luglio 2001

1.   L’ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio:

a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;

b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).

2.   L’ente non risponde se le persone indicate nel comma 1 hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi.

Queste le sentenze rilevanti n materia ad oggi:

Corte d’Assise Torino, Sez. II, 14/11/2011

Parti: Thyssenkrupp Acciai Speciali Terni S.p.A.

Quando gravissime violazioni della normativa antinfortunistica ed antincendio e colpevoli omissioni sono caratterizzate da un contenuto economico rispetto al quale l’azienda non solo ha interesse, ma se ne è anche sicuramente avvantaggiata, sotto il profilo del considerevole risparmio economico che ha tratto omettendo qualsiasi intervento, oltre che dell’utile contemporaneamente ritratto dalla continuità della produzione, in caso di omicidio colposo da infortunio sul lavoro collegare il requisito dell’interesse o del vantaggio dell’ente non all’evento bensì alla condotta penalmente rilevante della persona fisica corrisponde ad una corretta applicazione dell’art. 25 septies D.Lgs. n. 231/2001.

Cass. pen., Sez. Unite, Sentenza, 24/04/2014, n. 38343 (rv. 261114)

Parti: P.G., R.C., Espenhahn

In tema di responsabilità da reato degli enti, i criteri di imputazione oggettiva, rappresentati dal riferimento contenuto nell’art. 5 del D.Lgs. 231 del 2001 all’«interesse o al vantaggio», sono alternativi e concorrenti tra loro, in quanto il criterio dell’interesse esprime una valutazione teleologica del reato, apprezzabile “ex ante”, cioè al momento della commissione del fatto e secondo un metro di giudizio marcatamente soggettivo, mentre quello del vantaggio ha una connotazione essenzialmente oggettiva, come tale valutabile “ex post”, sulla base degli effetti concretamente derivati dalla realizzazione dell’illecito. (Annulla in parte con rinvio, Ass.App. Torino, 28/02/2013)

Cass. pen., Sez. IV, 23/06/2015, n. 31003

In materia di responsabilità amministrativa D.Lgs. n. 231 del 2001, ex art. 25-septies, l’interesse e/o il vantaggio vanno letti, nella prospettiva patrimoniale dell’ente, come risparmio di risorse economiche conseguente alla mancata predisposizione dello strumentario di sicurezza ovvero come incremento economico conseguente all’aumento della produttività non ostacolata dal pedissequo rispetto della normativa prevenzionale.

Cass. pen., Sez. IV, Sentenza, 23/05/2018, n. 38363 (rv. 274320-01) Parti: Consorzio Melinda S.C.A..

In tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica, i criteri di imputazione oggettiva rappresentati dall’interesse e dal vantaggio, da riferire entrambi alla condotta del soggetto agente e non all’evento, ricorrono, rispettivamente, il primo, quando l’autore del reato abbia violato la normativa cautelare con il consapevole intento di conseguire un risparmio di spesa per l’ente, indipendentemente dal suo effettivo raggiungimento, e, il secondo, qualora l’autore del reato abbia violato sistematicamente le norme antinfortunistiche, ricavandone oggettivamente un qualche vantaggio per l’ente, sotto forma di risparmio di spesa o di massimizzazione della produzione, indipendentemente dalla volontà di ottenere il vantaggio stesso. (Rigetta, CORTE APPELLO TRENTO, 05/04/2017)

Cass. pen., Sez. VI, Sentenza, 19/01/2021, n. 15543 (rv. 281052-01)

Ai fini della configurabilità della responsabilità da reato degli enti, è sufficiente la prova dell’avvenuto conseguimento di un vantaggio ex art. 5 d.lgs. n. 231 del 2001 da parte dell’ente, anche quando non sia possibile determinare l’effettivo interesse da esso vantato “ex ante” rispetto alla consumazione dell’illecito, purché il reato non sia stato commesso nell’esclusivo interesse del suo autore persona fisica o di terzi. (Fattispecie in cui, a fronte della corruzione intercorsa tra il pubblico agente e l’amministratore di una società interessata all’ampliamento di una discarica dalla medesima gestita, veniva riconosciuto il vantaggio, comportante la responsabilità ex d.lgs. n.231 del 2001, anche nei confronti di una terza società che interveniva creando la provvista di denaro in favore del privato corruttore, in tal modo beneficiando – mediante contratti stipulati dopo la consumazione del reato – dell’attività di smaltimento dei rifiuti presso la suddetta discarica). (Annulla con rinvio, TRIB. LIBERTA’ TARANTO, 09/06/2020).

Cass., Sez. IV, 8 giugno 2021, n.22256 Cass. pen., Sez. IV, 03/03/2021, n. 22256 Parti: C.L.

Ai fini dell’imputazione della responsabilità all’Ente ai sensi dell’art. 5, D.Lgs. n. 231 del 2001, il requisito dell’ “interesse” non ricorre quando la mancata adozione delle cautele antinfortunistiche risulti essere l’esito di una semplice sottovalutazione dei rischi o di una cattiva considerazione delle misure di prevenzione necessarie e non di una scelta finalisticamente orientata a risparmiare sui costi di impresa, e quello del “vantaggio” richiede la sistematica violazione delle norme prevenzionistiche, e, dunque una politica di impresa disattenta alla materia della sicurezza sul lavoro, che consenta una riduzione dei costi e un contenimento della spesa con conseguente massimizzazione del profitto

Cass. pen., Sez. IV, 26/01/2022, n. 39615

In caso di incidente sul lavoro, affinché possa configurarsi la responsabilità amministrativa in capo all’ente ex 231, occorre che sia provato il nesso tra un evento colposo, e una deliberata condotta posta in essere dall’ente, concretizzata nella violazione di norme prevenzionistiche ma non finalizzata a cagionare la morte o lesioni gravi o gravissime ai danni dei lavoratori, bensì, volta a conseguire un vantaggio economico consistente in un risparmio di spesa o massimizzazione del profitto.

Cass. pen., Sez. IV, 30/06/2022, n. 33976 Parti: Ca.So.Ba.Da.Br. s.c.a.r.l.

In tema di responsabilità da reato degli enti, la colpa di organizzazione, da intendersi in senso normativo, è fondata sul rimprovero derivante dall’inottemperanza da parte dell’ente dell’obbligo di adottare le cautele, organizzative e gestionali, necessarie a prevenire la commissione dei reati previsti tra quelli idonei a fondare la responsabilità del soggetto collettivo, dovendo tali accorgimenti essere consacrati in un documento che individui i rischi e delinei le misure atte a contrastarli.

 

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