L’assegnazione a mansioni inferiori è fatto potenzialmente idoneo a produrre una pluralità di conseguenze dannose, sia di natura patrimoniale che di natura non patrimoniale. L’inadempimento datoriale può comportare un danno da perdita della professionalità di contenuto patrimoniale che può consistere sia nell’impoverimento della capacità professionale del lavoratore e nella mancata acquisizione di un maggior saper fare, sia nel pregiudizio subito per la perdita di chance, ossia di ulteriori possibilità dì guadagno o di ulteriori potenzialità occupazionali (vedi Cass. 10/6/2004 n. 11045 ).
La sentenza della Cassazione Civile Sez. L Num. 31558 Anno 2021 del 04/11/2021 ha riconosciuto che la violazione dell’art. 2103 C.C., può pregiudicare quel complesso di capacità e dì attitudini, definibile con il termine professionalità, che è di certo bene economicamente valutabile, posto che esso rappresenta uno dei principali parametri per la determinazione del valore di un dipendente sul mercato del lavoro. Inoltre la modifica in peius delle mansioni è potenzialmente idonea a determinare un pregiudizio a beni di natura immateriale, anche ulteriori rispetto alla salute, atteso che, nella disciplina del rapporto di lavoro, numerose disposizioni assicurano una tutela rafforzata del lavoratore, con il riconoscimento di diritti oggetto di tutela costituzionale, con la configurabilità di un danno non patrimoniale risarcibile ogni qual volta vengano violati, superando il confine dei sacrifici tollerabili, diritti della persona del lavoratore oggetto di peculiare tutela al più alto livello delle fonti.
Orbene, dal compendio dei principi sin qui enunciati, si deduce che, in subiecta materia, ci si trova al cospetto di interessi sottesi ai limiti all’esercizio dello jus variandi datoriale, di natura non disponibile, ed alla violazione di diritti tutelati da norme di rango costituzionale, il che impone di ritenere che la reintegrazione della situazione giuridica lesa debba essere piena, integrale, dovendo estendersi a tutto il periodo nel corso del quale si è protratta la condotta contra jus posta in essere dalla parte datoriale; in tal senso ben si comprende come il protrarsi del tempo di una situazione illegittima quale il demansionamento del lavoratore non possa essere inteso semplicemente come acquiescenza alla situazione imposta dal datore di lavoro (cfr. Cass. 13/6/2014 n. 13485).