PECULATO ART. 314 CP DETENZIONE IN CARCERE O AFFIDAMENTO AI SERVIZI SOCIALI

Un tribunale di Sorveglianza italiano respingeva l’istanza di affidamento ai servizi sociali di un soggetto condannato per peculato, in quanto il reato rientra tra le ipotesi previste dal primo comma dell’art. 4 bis della L. 354/75, secondo cui la concessione dei benefici penitenziari è consentita solo quando i condannati per tali reati collaborino con la giustizia norma dell’art. 58 ter O.P. o a norma dell’art. 323 bis, secondo comma c.p., e poiché le disposizioni legislative che individuano i delitti ostativi ai benefici penitenziari, in quanto attinenti alle sole modalità di esecuzione della pena, sono di immediata applicazione anche ai fatti e alle condanne pregresse. Il ricorrente entrava in carcere, proponeva istanza di affidamento in prova, svolta l’istruttoria circa l’assenza di collegamenti con la criminalità organizzata, l’avvenuta restituzione della somma di denaro sottratta e la inesigibilità della collaborazione, veniva concesso l’affidamento, dopo 111 giorni di detenzione carceraria. In conclusione per le condotte eseguite prima del 1 ° gennaio 2020 (data di entrata in vigore della legge 9 gennaio 2019, n. 3) per il reato di abuso di ufficio per cui vi è stata condanna non superiore ad anni tre, questa doveva essere sospesa.  

La Sentenza della Corte di Cassazione Sez. Quarta Num. 9721 Anno 2022

L’entrata in vigore della legge n. 3 del 2019, priva di norme transitorie, ha posto dunque – si evidenzia – l’interprete “davanti ad un bivio”, se cioè applicare la nuova normativa anche ai reati commessi prima dell’entrata in vigore della stessa ovvero solo a quelli posti in essere dopo. Nel momento in cui si è acclarata la “natura sostanziale di vere e proprie pene alternative alla detenzione” all’affidamento in prova al servizio sociale e alla detenzione domiciliare (sì da guarnirle della garanzia costituzionale del divieto di irretroattività della legge penale ex art. 25, comma 2, Cost.), logico ed ineliminabile corollario di siffatto inquadramento normativo diviene, sotto l’aspetto interpretativo, l’ulteriore garanzia per il condannato del divieto di analogia in malam partem della legge penale che su dette pene vada ad incidere in maniera diretta. Pertanto accoglieva il ricorso annullando la sentenza con rinvio per la riparazione dell’ingiusta detenzione patita.  In conclusione ad oggi chi commette peculato non ha diritto alla sospensione dell’ordine di esecuzione della pena, quindi entra in carcere, mentre non entra per i reati commessi sino 31/12/2019.

 

 

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